digital origami

(Miei) pensieri in movimento ed e-motion pictures dal mondo

oriGaming
Origaming.
Giocare con le immagini, accartocciarle alla nostra volontà. Secondo Steven Poole “se l’architettura è musica congelata, allora i videogiochi sono architettura liquida”. Architettura narrativa ed estetica del caos, aggiungerei*.

E-mozioni in movimento sottese a una trama, resa invisibile da montaggi iper-cinetici e sbriciolata in frammenti che poco o nulla hanno a che fare con un discorso di senso computer ma proprio per quello definiscono u’n’ senso. Se di immagini e istanti oggi siamo circondati, il flusso video è una piena che già ci ha sommerso e in cui la vera discriminante è tra chi riesce a capire come meglio annegare e riuscire a toccare il fondo e chi no. Non c’è salvezza, ma si può quantomeno ‘salvare con nome’ e raccogliere dalla marea una boccetta di questo flusso, illudendoci di esaurirne anche solo infinitesimamente la portata. Yes, you tube: ma l’(andare in)Onda vi spazzerà tutti via.

Luogo privilegiato della complessità, interna ed esterna, il Canale Video Unico che, leitmotiv del prossimo millennio – ammesso che ci sia, ma con la rassicurazione che la catastrofe sarà filmata e distribuita in comodi pacchetti di dati e nelle versioni economica, standard, gold e deluxe per soddisfare tutte le taske (force) degli adepti al nuovo culto, in una sorta di nuova Religione Cattodica alla Videodrome ed in frenzy da videoregistrazione della propria vita (?) – ci imporrà di vederlo per evitare di non essere visti, di seguirlo per non essere per-seguiti, di memorizzarlo per avere qualche memoria. Poco importa che non sia più LA nostra.

Complessità interna, si diceva: perché c’è comunque un sottile fil rouge che sottende l’entropia di montaggi alternati, stop-motion, spartizioni indevbite dello schermo e riduzione in 4:3 della facoltà di comprendere. Una trama narrativa e un’indiscutibile intenzionalità a monte di qualsiasi video che solo la nostra indifferenza e l’Indifferenziato (nelle forme dell’accumulazione: preferita, tra i ‘Preferiti’ del browser, alla ricerca; della bulimia catodica che fagocita anche la stessa smania di streaming pur di dimostrare di aver visto anche quella) riescono a ridurre alla neutralità ed alla piattezza di una visione che però è bidimensionale solo nel supporto: non, appunto, nelle intenzioni.

Non vogliamo partecipare a questa e-Catombe, o perlomeno vogliamo resistervi. Vogliamo tornare a giocare con le immagini e riscoprire e dare un senso (di marcia: play, flashback o forward che sia: l’importante è sentire che vibe) alla poiesi audiovisiva. Montarle, smontarle, ri-montarle e pescare nella rete ciò che merita la vetrina ma potrebbe non fare ‘contatti’. Sottrarre al flusso del mainstream per relegarle (regalarle: in Rete Tutto è di tutti, ma non rendiamo mai conto di niente di Niente) alle angustie periferie di questo spazio autogestito che a malincuore chiamiamo blog: togliere, per dare di più.

End of a century is nothing special **: ma che ci rimanga qualche scintilla di originalità, un sussulto di imperfezione, un frammento di Differenziato, da stropicciare tra le mani e ri-modellare senza prendere nulla a modello, come un origami elettronico, mentre nel frattempo ci stiamo pian piano rincoglionendo.
Di fronte al baratro, origami (折り紙) non è solo un ‘piegare la carta’ (etim.): è dare all’evanescenza del digitale la leggerezza della Vita….

*Tratto, in maniera molto immodesta, dalla mia Tesi di Laurea: “Playing worlds. Un percorso narrativo tra videogiochi, cinema e comunità multimediali” (2007).
**“End of a century” (Blur, 1994 – ‘Parklife’).

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